Un(a) pugile con la sindrome di Morris
Probabilmente si deve anche ad una rara condizione la forza fisica dell’atleta algerina Imane Khelif. Ma perché nelle competizioni sportive di alto livello non viene preso in considerazione il corredo genetico piuttosto che l’aspetto esteriore?
Dopo la chiusura delle Olimpiadi di Parigi vorrei fare alcune considerazioni sul caso dell’atleta algerina Imane Khelif che ha combattuto con l’italiana Angela Carini nel pugilato suscitando non poche polemiche dopo che la nostra atleta si è ritirata per l’evidente superiorità fisica dell’avversaria.
Molti sono stati i commenti e le polemiche su giornali, televisione, social con affermazioni spesso prive di qualunque base scientifica creando solo confusione.
È stato riferito dalla stampa che la pugile algerina ha un corredo genetico cromosomico XY e livelli di testosterone normali.
La presenza di un corredo cromosomico XY indica un sesso genetico maschile: come è possibile che questa situazione sia compatibile con la presenza di organi esterni femminili?
Probabilmente siamo in presenza di una forma molto rara di quella che è conosciuto come sindrome di Morris o testicolo femminilizzante.
In questi soggetti che hanno corredo cromosomico XY quindi maschile, durante lo sviluppo intrauterino sviluppano delle gonadi che sono testicoli che producono testosterone che però è inattivo sulle strutture periferiche.
Il testosterone è necessario perché un individuo si differenzi e come maschio abbia prostata, pene, scroto e successivamente nel periodo puberale abbia lo sviluppo della peluria tipicamente maschile.
In assenza di un testosterone attivo quindi queste persone alla nascita presentano genitali femminili ma assenza di utero e ovaie e alla pubertà non avranno mestruazioni e ovviamente saranno sterili.
In conclusione sono quindi sono dei maschi geneticamente ma somaticamente sono delle femmine.
La diagnosi non è difficile in quanto basta una ecografia per dimostrare l’assenza di utero e ovaie in un soggetto che si presenta come una femmina normale.
Queste persone si sentono a tutti gli effetti femmine e molto raramente hanno dubbi sulla loro identità di genere.
Un problema non secondario sarà la comunicazione della diagnosi: in accordo con la famiglia e con uno psicologo esperto si cercherà il momento e il modo migliore per affrontare questo momento certamente psicologicamente traumatizzante.
Non spetta a me giudicare se una donna con sindrome di Morris possa gareggiare alla pari con le altre atlete. Nel caso della pugile algerina, forse portatrice di una forma non completa della sindrome, può essere che i tessuti muscolari ancora sensibili alla presenza di testosterone, si siano sviluppati in modo particolare. Personalmente mi chiedo perché nelle competizioni sportive di alto livello non venga preso in considerazione il corredo genetico piuttosto che il fenotipo (aspetto esteriore).